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Visualizzazione dei post da 2011

La notte che Evelyn uscì dalla tomba

Un aristocratico passa le notti a uccidere prostitute dai capelli rossi. Questo perché la sua mente è sconvolta dal rimorso della morte della moglie (con i capelli rossi) che lo ossessiona notte e giorno. Uno psichiatra suo amico cerca di aiutarlo, un suo cognato lo ricatta perché a conoscenza dei suoi delitti. Alla fine conosce per caso una biondina in una festa e se ne innamora sposandola. Ma c’è tutto un intrigo dietro di chi cercherà di farlo impazzire del tutto per prendere l’eredità della famiglia Cunningham. Le inquadrature spesso sono originali  Oggi si recensisce un film brutto. Voglio subito mettere le cose in chiaro. Le cose migliori della pellicola sono il titolo, l’atmosfera gotico – suspense che riesce a tenere abbastanza bene e alcune scene di violenza convincenti. Per il resto ci troviamo di fronte ad una delle sceneggiature più colabrodo della storia del cinema perché siamo nella completa illogicità in molti snodi narrativi. la psicologia dei personaggi è

Halloween di Rob Zombie

Vita morte e omicidi dell’efferato e crudele assassino Mike Myers.  Il capolavoro di Carpenter era già perfetto per questo ritengo un poco inutile cercare di rifarlo. Apprezzo lo stile di Zombie e tutta la vera passione che mette nei suoi film compreso questo, soprattutto questo. La parabola di Mike Myers è anche quella di un male che non ha spiegazione, che esiste e basta. Senza sempliciotte spiegazioni psicologiche e sociologiche. Il merito di Zombie sta, prima di tutto nell’essere stato capace di mantenere questa impostazione inquietante che aveva fatto la fortuna del suo capostipite. Il secondo merito è quello di aver fatto contemporaneamente un prequel abbastanza convincente sulla nascita della leggenda di Myers e un remake non disdicevole. La scelta di mostrare il volto dell’assassino almeno da bambino è sicuramente coraggiosa. Il piccolo demonio non ha nulla di apocalittico o mostruoso ma risulta assolutamente normale, anzi ben voluto da una madre che fino a

A prova di morte

Parte prima: gruppo di ragazzacce si diverte e si sbronza in un bar. Poi uno stuntman di professione Mike le disintegra. Parte seconda: gruppo di ragazzacce se ne va in giro a divertirsi. Poi uno stuntman di professione Mike cerca di farle fuori ma non ci riesce. Da predatore diventa preda e alla fine lo massacrano di botte. La trama è esigua ma non per questo meno divertente. Inoltre il film vuole essere proprio così. Un esercizio un pò folle con citazioni raffinate e meno che accompagni lo spettatore in un divertimento da pochi dollari. Attenzione però. Tarantino il cinema lo sa fare e ci sono almeno due momenti da antologia. La scena del primo incidente e quella finale con la scritta THE END che appare all’improvviso. Si esce dal cinema con la sensazione di aver visto non qualcosa di nuovo ma sicuramente di interessante. Tarantino ha fatto la sua fortuna soprattutto sulla capacità di presentare la narrazione sotto un’ottica diversa e di modificarla rispetto ai canoni l

Playtime

Playtime è un gioco costoso e sofisticato.  Tati  si muove su piani diversi. Dal non-sense all’umorismo di situazione, a delle gag più dirette e semplici da afferrare basate sulle mimica e i movimenti dei personaggi. Inserisce non di rado riflessioni profonde sull’uomo moderno e sul suo posto nel mondo. Anzi sarebbe meglio dire il suo non essere ed il suo non esserci nel mondo moderno. Si comincia con gli spazi di una Parigi ultra moderna dove vige l’ossessione dell’apparire e del farsi vedere a tutti i costi. Le case e gli uffici sono tutti enormi vetrate che danno sul mondo fuori e che pretendono di farsi vetrina per l’esterno. Un aeroporto non differisce per nulla da un ospedale e tutto lo sforzo per la creatività, per il "distinguersi" si riduce alla creazione di una serie di ambienti molto diversi fra di loro ma in definitiva tutti uguali. Il girovagare di Monsieur Hulot che si muove solo sulla scena come Charlot e che biascica a mala pena qualche parola è il pre

Aguirre furore di Dio

Il primo sodalizio Herzog-Kinski produce un risultato affascinante e visionario. La potenza metaforica delle immagini del regista tedesco trovano nell’ allucinata maschera di Kinski il loro strumento ideale per evocare una parabola malsana e universale. La spedizione di un gruppo di Conquistadores spagnoli alla ricerca della leggendaria terra di El Dorado, diventa il pretesto per parlare della follia dell'umana specie, della sua stupidità e della sua potenza solo transitoria e illusoria. Il luogotenente Aguirre, è il grande traditore, della sua patria e dei suoi uomini, e soprattutto di se stesso. Si rifiuta di piegare la sua volontà ad una natura selvaggia e mortifera, ai limiti di resistenza dell’ uomo e al buonsenso. Si lancia in un’ impresa che di leggendario ha solo il proprio fallimento. Herzog non ci dice se alla fine riuscirà nella sua missione, resa ancora più grande dalla consapevolezza che non avrà nessun eco storico. Lascia il protagonista alla deriva del fiu

Volgio la testa di Garcia!

Benny, un pianista che tira a campare nei bassifondi di Mexico City, si trova fra le mani la sua carta vincente. Gli vengono offerti 10.000 dollari per portare a dei cacciatori di taglie la testa di Alfredo Garcia, reo di aver messo incinta la figlia di un potente boss latifondista. L’operazione sembra semplice, visto che Garcia è morto pochi giorni prima e non si lamenterebbe nel lasciarsi portare in giro dentro una scatola.  Ma la concorrenza rovina tutti i piani di Benny che si ritroverà solo contro un gruppo di feroci criminali. Con la consapevolezza di non avere più nulla da perdere, si lancerà in una disperata fuga per arrivare primo con il macabro trofeo. Polvere e pistole Il film si apre sarcasticamente con un laghetto idilliaco dove cigni e anatre nuotano tranquilli, dove tutto sembra armonia e pace. La chiusura è altrettanto netta e sarcastica e  fissa  il fermo immagine della canna di una pistola ancora fu

Carrie lo sguardo di Satana

CARRIE LO SGUARDO DI SATANA. regia: Brian de Palma anno: 1976 durata: 97 min. con: Sissy Spacek, John Travolta, Piper Laurie, Amy Irving, Wiiliam Katt. Horror di un altro livello rispetto a quelli odierni. La miscela fra ambiente studentesco e fenomeni tenebrosi ha dato linfa vitale ad un genere horror – giovanile che perdura tutt’oggi. La povera e indifesa Carrie vive emarginata, ai limiti della follia, schiava di una madre malata che ha riversato la sua delusione nel fanatismo religioso, circondata dalla crudeltà delle sue coetanee. Un giorno tutto sembra cambiare, la sua vita sembra diventare finalmente normale. Ma un crudele scherzo dei suoi compagni di scuola le romperà definitivamente la speranza.  La sua furia omicidia sarà implacabile, i suoi poteri telecinetici distruggeranno tutto quello che incontra. Tornata a casa, che dovrebbe essere il luogo di riposo e sicurezza, troverà una madre impazzita completamente che la pugnalerà, come una novel

My name is Joe

Il bel film del grande regista  inglese  Ken Loach è habitat naturale soprattutto per gli appassionati del genere come me. La storia parte da Glasgow, dove Joe, proletario, pugile, ex alcolista e per di più disoccupato, allena un'improbabile squadra di calcio, costituita da altrettanto improbabili giocatori, tutti border-line come il protagonista. Grazie proprio a un suo scalcinato giocatore, sposato con una tossicomane, Joe si innamora di un'assistente sociale e la vita sembra finalmente riservare un'altra possibilità anche per lui. Ma Joe deve fare i conti con un boss della droga, si compromette in un losco traffico e ovviamente sfuma la bella storia d'amore. Del resto tra i due, le opinioni sugli sbandati di Glasgow erano troppo divergenti per continuare. E tuttavia sembrano veri, Joe e Sarah, il loro è un insolito duetto amoroso nella cornice della povera Glasgow operaia; vedute diverse su tutto, soprattutto sul modo di occuparsi dei mezzi delinquenti c

Urla del silenzio

Sidney Schanberg, giornalista del "New York Times" viene mandato nel 1972 in Cambogia, per seguirvi la guerra tra i Kmer rossi ed il governo di Lan Nol e là si avvale del dott. Dith Pran. Una volta preso il potere da parte dei Kmer tutti gli stranieri vengono fatti partire mentre per Pran comincia una lunga odissea dell’orrore nel nuovo regime comunista. Un film dal taglio documentaristico che commistiona vari generi come la denuncia politica e il grande ritratto storico. La fotografia è bellissima, capace di incorniciare paesaggi meravigliosi, che risultano alieni agli sconfinati ossari delle vittime del regime. Due milioni di morti che fino a poco tempo fa il mondo ha ignorato come se non fossimo davanti ad uno dei più grandi genocidi della storia dell’uomo. Il film riesce con poche parole ed immagini commoventi a farci rivivere la follia di quegli anni e parallelamente alza alto l’urlo della rabbia per la complicità del mondo occidentale su questa tragedia. Eppure evoc

Viale del tramonto

Alcuni pensano che la grande rivoluzione del cinema sia stata l’ introduzione del colore. Non è affatto vero, la vera rivoluzione è stata quella di introdurre il sonoro nel cinema. I film muti non erano mai veramente tali. Avevano un accompagnamento musicale, avevano dei professionisti che facevano i rumori, come campanelli o clacson. Ma i dialoghi, le voci e i suoni dell’ ambiente non erano presenti. Con il sonoro molti attori finirono in soffitta. Alcuni avevano una voce orribile, altri non si riuscirono semplicemente ad adattare al nuovo linguaggio del cinema e alle nuove tecniche che richiedevano anche la voce. Questo vale anche per i registi. Non si tratta di un problema di apprendimento della tecnica, ma proprio di apprendere un nuovo linguaggio per esprimersi. Se il colore immette nuove forme e pochi contenuti nel cinema (ad esempio col suo uso simbolico) il suono immette un contenuto nuovo. Il cinema diventa quasi un’ altra arte. Mutano la recitazione, il montaggio, l’ in

Il mucchio selvaggio

Sam Packinpah firma l’ultima grande epopea western: “Il mucchio selvaggio”. Possiamo affermare, col senno di poi, che dopo questo titolo il western ha lasciato l’olimpo del cinema per accantonarsi in una specie di limbo, con qualche nuovo guizzo, ma sempre con una malinconia di fondo di un genere che non riesce a rigenerarsi, che si rende conto di avere esaurito la sua vena, di aver perso la sua consapevolezza di essere “il genere” per eccellenza. In questa opera nessun valore della vita viene salvaguardato. Forse solo quello dell’amicizia epica e folle, a qualunque costo. Un codice d’ onore di altri tempi, dove la ragione affonda. Il mondo, la natura, i rapporti fra gli uomini sono crudeli. Questo è un film coraggiosamente cinico e nichilista. L’ amoralità dei personaggi è necessaria perché è l’ unico modo di (sopra)vivere in una realtà che fa della violenza la maggiore forma di espressione fra gli uomini. Due inquadrature emblematiche aprono e chiudono il film. Una all’inizio e l’ al

La fortezza nascosta

Una principessa è ricercata dal signore della dinastia avversaria per essere decapitata. Viene nascosta in una fortezza mimetizzata nei monti e protetta dal valoroso capo dei samurai (un grande Mifune). Due rozzi, ignoranti e avidi contadini la incontrano per caso e l’ accompagnano insieme al valoroso guerriero verso la salvezza e la regalità. Il film comincia con i due buffoni – contadini che, partiti per la guerra con l’ intenzione di arricchirsi, ne ritornano senza vestiti e “profumati” di cadavere,visto che sono capitati dalla parte sbagliata, quella dei perdenti, e sono stati costretti a seppellire i loro compagni. Film poco conosciuto di Kurosawa questo e un po diverso dal suo stile simbolico ed epico. Anche la colonna sonora sottolinea l’ aspetto di “armata brancaleone” del gruppo, che nonostante l’ apparenza disperata riuscirà nel proprio intento. E’ una favola per adulti che ispirerà George Lucas per la sua saga di Guerre stellari. I punti cardine del cinema di Kurosawa ci son

Indovina chi viene a merenda?

Franco e Ciccio in una rivisitazione per metà de " La grande fuga" e per metà di "Indovina chi viene a cena?". I due compagni passano per una serie di peripezie che li porta alla prigionia in un campo di lavoro tedesco perchè scambiati per due marines. poi ad una fuga vertiginosa e fortunosa, ancora in una serata di gala nazista dove il loro compagno di fuga (un uomo di colore) impersona completamente fasciato nientemeno che il generale Von Krantz, infine i due trovano la pace in un idilliaco maniero bavarese in una vita semplice e sana. Ma il germe della guerra ha contagiato Franco che irreggimenta un gregge di pecore con furia guerrafondaia. Come al solito la trama del film non è altro che un pretesto per mettere il duo in situazioni adatte a far esplodere la loro comicità pirotecnica e naturale. Una serie di snodi narrativi deboli che però vengono presto dimenticati dallo spettatore impegnato a godersi le evoluzioni di Franco e la magnifica compostezza idiota di

Intervista

Fellini non ha più nulla da raccontare. Il suo cinema si è esaurito. O meglio mantiene la sua ciclicità, fatto sempre delle sue ossessioni, delle sue paure, dei suoi segreti inconsci. Egli ha raccontato sempre la stessa storia, cioè se stesso. Rimane solo il ricordo e la voglia di palare di se stesso. Con rara lucidità e coraggio egli ripercorre il suo cinema, anzi il suo continuo farsi e disfarsi, il suo nascere dal nulla. La sua vita che poi con il cinema coincide. Il suo bisogno di parlare lo spinge a fare un film su un film, un autoreferenza tipica della sua poetica. Come dice lui stesso, in un’ intervista (sic) a Vincenzo Mollica, “Intervista” non è altro che una lunga conversazione fra amici messa sotto i riflettori, un montare lo spettacolo che è già spettacolo. Non serve altro forse che la magia del progettare, dello scegliere e del creare immagini. Egli lo definì sempre un “filmetto” ma era il primo arendersi conto di aver creato una grande opera giocando con se stesso. D’altr

Storia immortale

Nel XIX° secolo, Mr. Clay , un ricco mercante che ha trascorso molti anni in Cina, è tornato nella sua patria, la colonia portoghese di Macao. Solo, ricco, senza eredi si diverte a farsi narrare le sue avventure contabili dal sottoposto contabile Levinsky . Una sera, eccezionalmente, Mr. Clay narra la vicenda che parla di un semplice marinaio e di un ricco signore che cambierà la sua misera vita se questi è disposto a passare una notte con sua moglie. Ma ben presto Levinsky si rende conto che questa è solo una delle tante leggende che circolano fra i marinai. Mr. Clay decide allora di far diventare vera la Storia in modo che almeno uno dei marinai che la raccontano dica la verità. Sceglierà Virginia per impersonare sua moglie e un povero marinaio per mettere in atto il suo progetto. Nonostante la brevità, Storia immortale rimane un eccezionale documento filmico sulla visione del mondo di Welles e sul suo stile artistico, fatto di un montaggio inusuale e di profondità di campo simbol

Big red one

Samuel Fuller nel 1980 gira uno dei film sulla guerra più cinici ed efficaci di sempre. Per fortuna da poco è possibile vedere la versione integrale restaurata che permette di ammirare il film completo e in tutta la sua bellezza. E’ un film fortemente voluto dall’ autore che ha scritto anche il soggetto e la sceneggiatura. La follia della guerra viene presentata con una sottile ironia e un leggero humour nero che mancano in quasi tutte le pellicole del genere. Un grande Lee Marvin interpreta un disilluso e umano sergente della fanteria americana che comanda il leggendario battaglione denominato “Uno rosso”. Il sergente, insieme a quattro inseparabili subordinati, attraversa tutta la storia della seconda guerra mondiale, combattendo su numerosi fronti decisivi. Il cammino ha il pretesto di raccontare tutte le sfaccettature della liberazione dell’ Europa dal nazismo ma anche l’ orrore dei campi di sterminio. Le scene di battaglia sono efficaci e fluide ma quello che sorprende in Fuller è

I fratelli Grimm e l'incantevole strega

Perfetta miscela fra favola nera e umorismo dissacrante del fantasy. Gilliam ci propone una riuscita ambientazione gotica per narrare le avventure dei fratelli Grimm che si guadagnano da vivere sfruttando la credulità popolare e bonificando i piccoli borghi da case infestate e maledizioni secolari. Grazie alla loro abilità di illusionisti inscenano coreografiche lotte con esseri malvagi e streghe di cartapesta liberando i malcapitati ignoranti dalla paura delle forze oscure. Fino a che non si imbattono in una vera foresta incantata, abitata da esseri succubi della regina che non vuole rassegnarsi a perdere la propria bellezza e rapisce 12 bambini dal vicino villaggio per poter rinascere giovane e magnifica. La notte di eclissi lunare, la notte della una di sangue, rinascerà A questo punto c’è uno scontro fra fratelli che si protrae per tutto il film oscillando fra sprazzi di affetto e amore e tensione, scontro anche violenti. I loro caratteri sono molto diversi. Cinico e materialista