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Visualizzazione dei post da febbraio, 2011

Outlander

L a contaminazione dei generi è un’operazione delicata che può facilmente scendere in ridondanti riproposte di personaggi e situazioni molto note e oramai indigeste alla retina. Outlander – L’ultimo vichingo non possiede l’originalità di capostipite eppure riesce a rimanere su livelli godibili di azione e su un livello di lettura fiabesca che non scade in scene troppo frammassone ed esagerate. Prende in parte da "Predator" e in parte da "L’armata delle tenebre" senza tuttavia ricalcare pedantemente i due capolavori ma lasciando che la loro geniale idea di fondo rimanga a dare linfa all’opera. Un prodotto ben confezionato con una buona recitazione senza nessuno che vada oltre il compitino ma neppure oltre quello che è richiesto. Tecnica e tecnologia debitamente aggiornati e a passo coi tempi. Il rapporto fra l’Alieno e i vichinghi dell’ VIII secolo dopo Cristo non ha nulla di antropologico e profondo ma neanche di troppo inverosimile. Nella scena iniziale il prota

I diabolici

Alle porte di Parigi sorge il collegio maschile Delassalle. Il direttore è Michel Delassalle che lo dirige con estrema prepotenza e severità. Non solo alunni e insegnanti sono succubi della sua tirannia ma anche sua moglie Cristina e la sua amante Nicole. Violento ed egoista picchia e umilia entrambe ogni giorno. Strette da un’angoscia sempre maggiore le due donne architettano un piano per uccidere l’uomo e riconquistare la propria libertà. Cristina è una donna dolce e sensibile che ha investito le sue importanti fortune nel suo sogno di poter creare un istituto importante nel quale dare l’istruzione di alto livello ai giovani benestanti di Parigi. Il marito usa i suoi soldi e ne gestisce le fortune come fossero sue senza però avere nulla in tasca. Fa il padrone con i soldi della moglie. Nicole è una donna emancipata e moderna che si contrappone alla delicata e devota Cristina e la aiuta a trovare il coraggio e la forza per poter liberare la sua vita dagli artigli del marito. Lo attira

Drag me to hell

R aimi torna al suo primo amore ed al suo elemento naturale: il genere horror. Lo fa con il suo solito stile e le sue armi. Una regia virtuosa, snella e narrativamente efficace. Come tutti i i suoi film “Drag me to Hell” si beve tutto d’un fiato. Riesce a miscelare intelligentemente humor nero, splatter e terrore garantendo un livello di sarcasmo e cinismo non superficiale. Interessante l’analisi della protagonista che si discosta moltissimo dalla solita colomba bianca e immacolata ingiustamente perseguitata dal male. Anzi la sua figura serve a veicolare un messaggio sociale di Raimi abbastanza pungente per i suoi canoni. Nessuno pare innocente, né i bambini, né le ragazze arrembanti che decidono di non concedere una dilazione della rata per arrivare alla promozione… Christine è un’impiegata "rampante" all’ufficio prestiti di un grande istituto di credito che per ottenere una promozione a scapito di un collega vuole mostrare al suo capo quanto "dura" e inflessibi