Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da settembre, 2011

Playtime

Playtime è un gioco costoso e sofisticato.  Tati  si muove su piani diversi. Dal non-sense all’umorismo di situazione, a delle gag più dirette e semplici da afferrare basate sulle mimica e i movimenti dei personaggi. Inserisce non di rado riflessioni profonde sull’uomo moderno e sul suo posto nel mondo. Anzi sarebbe meglio dire il suo non essere ed il suo non esserci nel mondo moderno. Si comincia con gli spazi di una Parigi ultra moderna dove vige l’ossessione dell’apparire e del farsi vedere a tutti i costi. Le case e gli uffici sono tutti enormi vetrate che danno sul mondo fuori e che pretendono di farsi vetrina per l’esterno. Un aeroporto non differisce per nulla da un ospedale e tutto lo sforzo per la creatività, per il "distinguersi" si riduce alla creazione di una serie di ambienti molto diversi fra di loro ma in definitiva tutti uguali. Il girovagare di Monsieur Hulot che si muove solo sulla scena come Charlot e che biascica a mala pena qualche parola è il pre

Aguirre furore di Dio

Il primo sodalizio Herzog-Kinski produce un risultato affascinante e visionario. La potenza metaforica delle immagini del regista tedesco trovano nell’ allucinata maschera di Kinski il loro strumento ideale per evocare una parabola malsana e universale. La spedizione di un gruppo di Conquistadores spagnoli alla ricerca della leggendaria terra di El Dorado, diventa il pretesto per parlare della follia dell'umana specie, della sua stupidità e della sua potenza solo transitoria e illusoria. Il luogotenente Aguirre, è il grande traditore, della sua patria e dei suoi uomini, e soprattutto di se stesso. Si rifiuta di piegare la sua volontà ad una natura selvaggia e mortifera, ai limiti di resistenza dell’ uomo e al buonsenso. Si lancia in un’ impresa che di leggendario ha solo il proprio fallimento. Herzog non ci dice se alla fine riuscirà nella sua missione, resa ancora più grande dalla consapevolezza che non avrà nessun eco storico. Lascia il protagonista alla deriva del fiu

Volgio la testa di Garcia!

Benny, un pianista che tira a campare nei bassifondi di Mexico City, si trova fra le mani la sua carta vincente. Gli vengono offerti 10.000 dollari per portare a dei cacciatori di taglie la testa di Alfredo Garcia, reo di aver messo incinta la figlia di un potente boss latifondista. L’operazione sembra semplice, visto che Garcia è morto pochi giorni prima e non si lamenterebbe nel lasciarsi portare in giro dentro una scatola.  Ma la concorrenza rovina tutti i piani di Benny che si ritroverà solo contro un gruppo di feroci criminali. Con la consapevolezza di non avere più nulla da perdere, si lancerà in una disperata fuga per arrivare primo con il macabro trofeo. Polvere e pistole Il film si apre sarcasticamente con un laghetto idilliaco dove cigni e anatre nuotano tranquilli, dove tutto sembra armonia e pace. La chiusura è altrettanto netta e sarcastica e  fissa  il fermo immagine della canna di una pistola ancora fu

Carrie lo sguardo di Satana

CARRIE LO SGUARDO DI SATANA. regia: Brian de Palma anno: 1976 durata: 97 min. con: Sissy Spacek, John Travolta, Piper Laurie, Amy Irving, Wiiliam Katt. Horror di un altro livello rispetto a quelli odierni. La miscela fra ambiente studentesco e fenomeni tenebrosi ha dato linfa vitale ad un genere horror – giovanile che perdura tutt’oggi. La povera e indifesa Carrie vive emarginata, ai limiti della follia, schiava di una madre malata che ha riversato la sua delusione nel fanatismo religioso, circondata dalla crudeltà delle sue coetanee. Un giorno tutto sembra cambiare, la sua vita sembra diventare finalmente normale. Ma un crudele scherzo dei suoi compagni di scuola le romperà definitivamente la speranza.  La sua furia omicidia sarà implacabile, i suoi poteri telecinetici distruggeranno tutto quello che incontra. Tornata a casa, che dovrebbe essere il luogo di riposo e sicurezza, troverà una madre impazzita completamente che la pugnalerà, come una novel

My name is Joe

Il bel film del grande regista  inglese  Ken Loach è habitat naturale soprattutto per gli appassionati del genere come me. La storia parte da Glasgow, dove Joe, proletario, pugile, ex alcolista e per di più disoccupato, allena un'improbabile squadra di calcio, costituita da altrettanto improbabili giocatori, tutti border-line come il protagonista. Grazie proprio a un suo scalcinato giocatore, sposato con una tossicomane, Joe si innamora di un'assistente sociale e la vita sembra finalmente riservare un'altra possibilità anche per lui. Ma Joe deve fare i conti con un boss della droga, si compromette in un losco traffico e ovviamente sfuma la bella storia d'amore. Del resto tra i due, le opinioni sugli sbandati di Glasgow erano troppo divergenti per continuare. E tuttavia sembrano veri, Joe e Sarah, il loro è un insolito duetto amoroso nella cornice della povera Glasgow operaia; vedute diverse su tutto, soprattutto sul modo di occuparsi dei mezzi delinquenti c