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Visualizzazione dei post da luglio, 2011

La fortezza nascosta

Una principessa è ricercata dal signore della dinastia avversaria per essere decapitata. Viene nascosta in una fortezza mimetizzata nei monti e protetta dal valoroso capo dei samurai (un grande Mifune). Due rozzi, ignoranti e avidi contadini la incontrano per caso e l’ accompagnano insieme al valoroso guerriero verso la salvezza e la regalità. Il film comincia con i due buffoni – contadini che, partiti per la guerra con l’ intenzione di arricchirsi, ne ritornano senza vestiti e “profumati” di cadavere,visto che sono capitati dalla parte sbagliata, quella dei perdenti, e sono stati costretti a seppellire i loro compagni. Film poco conosciuto di Kurosawa questo e un po diverso dal suo stile simbolico ed epico. Anche la colonna sonora sottolinea l’ aspetto di “armata brancaleone” del gruppo, che nonostante l’ apparenza disperata riuscirà nel proprio intento. E’ una favola per adulti che ispirerà George Lucas per la sua saga di Guerre stellari. I punti cardine del cinema di Kurosawa ci son

Indovina chi viene a merenda?

Franco e Ciccio in una rivisitazione per metà de " La grande fuga" e per metà di "Indovina chi viene a cena?". I due compagni passano per una serie di peripezie che li porta alla prigionia in un campo di lavoro tedesco perchè scambiati per due marines. poi ad una fuga vertiginosa e fortunosa, ancora in una serata di gala nazista dove il loro compagno di fuga (un uomo di colore) impersona completamente fasciato nientemeno che il generale Von Krantz, infine i due trovano la pace in un idilliaco maniero bavarese in una vita semplice e sana. Ma il germe della guerra ha contagiato Franco che irreggimenta un gregge di pecore con furia guerrafondaia. Come al solito la trama del film non è altro che un pretesto per mettere il duo in situazioni adatte a far esplodere la loro comicità pirotecnica e naturale. Una serie di snodi narrativi deboli che però vengono presto dimenticati dallo spettatore impegnato a godersi le evoluzioni di Franco e la magnifica compostezza idiota di

Intervista

Fellini non ha più nulla da raccontare. Il suo cinema si è esaurito. O meglio mantiene la sua ciclicità, fatto sempre delle sue ossessioni, delle sue paure, dei suoi segreti inconsci. Egli ha raccontato sempre la stessa storia, cioè se stesso. Rimane solo il ricordo e la voglia di palare di se stesso. Con rara lucidità e coraggio egli ripercorre il suo cinema, anzi il suo continuo farsi e disfarsi, il suo nascere dal nulla. La sua vita che poi con il cinema coincide. Il suo bisogno di parlare lo spinge a fare un film su un film, un autoreferenza tipica della sua poetica. Come dice lui stesso, in un’ intervista (sic) a Vincenzo Mollica, “Intervista” non è altro che una lunga conversazione fra amici messa sotto i riflettori, un montare lo spettacolo che è già spettacolo. Non serve altro forse che la magia del progettare, dello scegliere e del creare immagini. Egli lo definì sempre un “filmetto” ma era il primo arendersi conto di aver creato una grande opera giocando con se stesso. D’altr

Storia immortale

Nel XIX° secolo, Mr. Clay , un ricco mercante che ha trascorso molti anni in Cina, è tornato nella sua patria, la colonia portoghese di Macao. Solo, ricco, senza eredi si diverte a farsi narrare le sue avventure contabili dal sottoposto contabile Levinsky . Una sera, eccezionalmente, Mr. Clay narra la vicenda che parla di un semplice marinaio e di un ricco signore che cambierà la sua misera vita se questi è disposto a passare una notte con sua moglie. Ma ben presto Levinsky si rende conto che questa è solo una delle tante leggende che circolano fra i marinai. Mr. Clay decide allora di far diventare vera la Storia in modo che almeno uno dei marinai che la raccontano dica la verità. Sceglierà Virginia per impersonare sua moglie e un povero marinaio per mettere in atto il suo progetto. Nonostante la brevità, Storia immortale rimane un eccezionale documento filmico sulla visione del mondo di Welles e sul suo stile artistico, fatto di un montaggio inusuale e di profondità di campo simbol

Big red one

Samuel Fuller nel 1980 gira uno dei film sulla guerra più cinici ed efficaci di sempre. Per fortuna da poco è possibile vedere la versione integrale restaurata che permette di ammirare il film completo e in tutta la sua bellezza. E’ un film fortemente voluto dall’ autore che ha scritto anche il soggetto e la sceneggiatura. La follia della guerra viene presentata con una sottile ironia e un leggero humour nero che mancano in quasi tutte le pellicole del genere. Un grande Lee Marvin interpreta un disilluso e umano sergente della fanteria americana che comanda il leggendario battaglione denominato “Uno rosso”. Il sergente, insieme a quattro inseparabili subordinati, attraversa tutta la storia della seconda guerra mondiale, combattendo su numerosi fronti decisivi. Il cammino ha il pretesto di raccontare tutte le sfaccettature della liberazione dell’ Europa dal nazismo ma anche l’ orrore dei campi di sterminio. Le scene di battaglia sono efficaci e fluide ma quello che sorprende in Fuller è