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Visualizzazione dei post da novembre, 2010

Non si sevizia un paperino

Un regista in forma e ispirato, capace di scavare nelle morbosità dell’animo umano. In un paesino dell’Italia meridionale, inquitenti omicidi si scagliano contro i bambini. La comunità del luogo, impaurita e superstiziosa, sfoga tutta la sua violenza contro una povera mentecatta del posto (Florinda Bolkan), accusata di essere una strega adoratrice del demonio. Solo un testardo giornalista (Tomas Milian) e una disinibita turista (Barbara Bouchet) riusciranno ad andare oltre l’apparenza e scoprire la vera identità del mostro. Lucio Fulci gira un film importante per la genesi del thriller all’italiana ed ha il merito di non copiare i tratti dei film di Dario Argento, al tempo già troppo inflazionati, ma di cercare una paura e un’inquietudine che partano proprio dall’ambientazione insolita e claustrofobica, dalla realtà permeata di peccato originale di una certa e profonda Italia provinciale.Coraggiosa la scelta di fare dei bambini le prime vittime della violenza che portarono anche a prob

Il fantasma della libertà

Una serie di episodi, apparentemente slegati l’ uno dall’ altro, sono usati da Luis Bunuel per giocare ancora con lo spettatore, spiazzarlo e piazzare alcune delle sue critiche più feroci e geniali allo status quo ed alla cultura borghese del politically correct. Come sempre la critica e l’ originalità partono dalla struttura stessa del film, che è già una sfida per lo spettatore. Esso deve riuscire ad abbandonare la tradizionale fruizione di un’ opera filmica e stare al gioco del regista, che lo porta in libere associazioni surrealiste al limite della follia. Il film, una volta data fiducia all’ opera, risulta godibilissimo e dall’ ironia veramente travolgente. Il fantasma della libertà si materializza già con questo primo passo. La fluidità del film risulta sorprendente, vista l’ inconsistenza classica della trama, le riprese sono dinamiche ed hanno un taglio molto lineare che fa emergere con maggiore efficacia la mancanza di collante della storia. Il regista condensa molte scelte e

Il grande Racket

Ecco la trama di quest’ottimo poliziesco del 1976, diretto dal sempre bravo e interessante Enzo G. Castellari "Il mareciallo Nicola Palmieri della polizia romana è sulle piste di una banda di taglieggiatori: le sue indagini, però, sono ostacolate dalla paura delle vittime e dall’ostilità dei superiori, che non approvano i suoi metodi. Deciso a proseguire per la sua strada il maresciallo s’accorda con due malviventi di mezza tacca, zio Pepe e suo nipote Picchio che in cambio di una certa libertà d’azione gli forniscono informazioni sulla banda. Presente, grazie a Pepe sul luogo di una rapina messa a segno dai banditi, la polizia ingaggia con loro, una furiosa sparatoria in questa occasione, è di valido aiuto a Palmieri un campione olimpionico di tiro al piattello, l’ingegnere Gianni Rossetti. Mentre, però, i delinquenti si vendicano sia del Rossetti, bruciandogli viva la moglie, sia di Pepe, facendogli uccidere il nipote, Palmieri viene costretto a lasciare la polizia Ciò, pero, no

Memorie di un assassino

Un serial killer tormenta una tranquilla cittadina della Corea del Sud. Due detective dai metodi spiccioli e provinciali vengono affiancati da un moderno investigatore di Seul per scoprire l’ assassino. Una trama del tutto standard e volutamente ricalcata sui pilastri del genere poliziesco americano, che serve a capovolgere e sconvolgere l’approccio e il punto di vista del genere. Non lo consiglio a chi non è interessato alle novità oppure a chi ama la classica storia con lieto fine dove vengono rispettati i parametri del giallo. La grandezza del film sta nella sua inafferrabilità. Narrativa e simbolica. E’ un’opera coraggiosissima. Girata in modo secco, asciutto, con una fotografia livida, con inquadrature studiate ed originali che ne fanno un prodotto tecnicamente sopra la media. Alla fine ci si accorgerà di non aver assistito alla classica caccia dell’assassino seriale ma ad uno spaccato politico, sociale umano quasi neo realista e profondissimo. Il ritmo è volutamente lento e avvol

Il terrore viene dalla pioggia.

Siamo alla fine dell”800, il professor Emanuel Hildern torna a Londra dalla Nuova Guinea con lo scheletro di un umanoide di dimensioni gigantesche e apparentemente dall’alto grado di evoluzione. Lo scheletro è stato portato in superficie da uno strato del sottosuolo talmente profondo e quindi antico, da suggerire che lo scheletro appartenga ai nostri antenati più primitivi, dai quali si è poi evoluta la specie umana o contro i quali è stata combattuita una battaglia che ha visto prevalere la parte "migliore" della specie umana.. Questa teoria si ricollega a molte leggende delle popolazioni indigene che parlano di esseri mostruosi, incarnazione del male con la quale gli uomini hanno combattuto una battaglia epocale sviluppandosi fino alla forma odierna. Ben presto il professore si accorge che il contatto con l’acqua è in grado di rigenerare i tessuti e la vita dello scheletro. Analizzando questi tessuti si rende conto che nel sangue dell’essere si nasconde l’essenza stessa del

Un condannato a morte è fuggito

Un film di una precisione e secchezza bellissime. A metà strada fra il Neorealismo italiano e tratti preponderanti del cinema francese del dopoguerra. Bresson si limita a narrare i fatti, senza intervenire nella vicenda dei personaggi e affidandosi ad una storia vera. Le scene più spettacolari tipiche delle pellicole che trattano un’ evasione sono ridotte all’osso e suggerite più che mostrate. Protagonisti divengono i volti, le espressioni, le parti del corpo e gli oggetti che i personaggi utilizzano. La voce narrante è quella del protagonista che analizza la sua situazione nei minimi dettagli. Il tempo è scandito meccanicamente e sempre uguale a se stesso. Eppure proprio questa ripetitività da al protagonista la possibilità di fuggire osservando cose che altrimenti verrebbero cancellate dalla distrazione. Bresson utilizza la storia anche per riflettere su temi importanti e profondi come la religione, il senso di pietà e la necessità della violenza in un mondo diventato una giungla e

Ascensore per il patibolo

Julien Tavernier e la sua amante Florence, moglie del suo principale Simon Carala, mettono in piedi un complotto per assassinare quest’ultimo. L’uomo prepara minuziosamente il delitto disponendo le cose in modo che la polizia sia indotta a credere ad un suicidio. Tutto si svolge secondo i piani ma all’ultimo Julien si accorge che dalla ringhiera di un terrazzino pende ancora la corda di cui si è servito per entrare nell’ufficio della vittima. Deciso ad eliminare la prova che potrebbe essergli fatale, Julien cerca di rientrare nella stanza del delitto, ma proprio quando sta salendo al piano dell’ufficio, la corrente elettrica viene tolta e resta imprigionato all’interno dell’ascensore. Nel frattempo, la sua automobile viene rubata da una coppia di fidanzati Luis e Veronique. I due giovani passano la notte in un albergo e Louis, che si spaccia per Julien uccide due turisti tedeschi per tentare rubare la loro auto. Julien riesce ad uscire dall’ascensore il mattino senza essere visto e vie

L'ultimo treno della notte

Ci sono film che mi colpiscono in modo inatteso e folgorante. Indipendentemente dalla loro oggettiva validità, sono film che rimarranno impressi nella mia memoria. Solo per pochi altri mi è capitato in passato. Dipenderà dalla soggettività dello spettatore o da un suo momento particolare. Fatto sta che questa pellicola di Aldo Lado mi è rimasta dentro ed alcuni suoi passaggi faranno parte del mio immaginario cinematografico. La storia è quella di due adolescenti che rientrano in Italia da una vacanza in Germania per il Natale e per paura dell’aereo decidono di servirsi del treno. Il loro convoglio viene però bloccato da un allarme bomba. Decidono di prendere una coincidenza notturna per Verona al volo. Ma all’interno di quel treno le aspetta la violenza e la morte più atroce che ci si possa immaginare. Intanto i genitori di una delle due aspettano ansiosi e felici l’arrivo delle due. Ma alla stazione si imbattono solo nei criminali che le hanno massacrate e per un puro caso li ospitano

2022 I sopravvissuti

Fleischer ha uno speciale talento nel mettere in scena paesaggi desolati e apocalittici, filmando storie che vogliono essere una grande metafora sulla stupidità e follia umana, ma anche un avvertimento deciso a cambiare direzione per salvare la nostra civiltà. Ne "Il pianeta delle scimmie", lo aveva fatto con la fantascienza pura condensando il significato della sua opera in un’immagine leggendaria e geniale: la statua della libertà miseramente arenata sulla rive del mare. In questo film mischia il genere fantascientifico a quello catastrofico e poliziesco riuscendo a mantenere un equilibrio difficile e affascinante. L’agente Thorn della polizia di New York indaga sulla morte di un importante uomo d’affari, un dirigente della potentissima multinazionale Soylent che produce l’unico cibo a disposizione per i milioni di cittadini della Grande Mela. La Soylent Verde, una barretta alimentare ed energetica ottenuta dalla soia. Ma le indagini di Thorn (un incisivo e convincente He