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Detour

Al Roberts  è Un pianista mezzo fallito che suona in un locale per mantenersi a galla. Culla sogni di gloria ma oramai pare essere un disilluso inappagabile. Decide di andare a trovare la sua amata Susy a Hollywood, dove si è recata per cercare quella fortuna che a lui sembra ormai preclusa. Nel viaggio sarà travolto da avvenimenti surreali e si troverà imprigionato da un destino che ha scelto di condurlo in posti dove non voleva assolutamente andare. Ulmer  si muove su un canovaccio noir abbastanza consueto ma solo per rinnovarlo e capovolgerlo dall’interno. La riflessione che ne scaturisce è tutt’ altro che banale. E’ l’uomo a scegliere e determinare il destino con le proprie azioni o siamo in balia di forze estremamente più grandi di noi, contro le quali è inutile combattere? Si tratta sostanzialmente di un “on the road”, narrato dal punto di vista del protagonista che, con un lungo flashback, attende arrendevole la nuova mossa che il destino gli ha riserbato. Il film pre
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L'ingorgo

Film molto amaro e cinico, capace di alzare il velo sulla natura peggiore del popolo italiano con una straordinaria metafora sul senso della vita e il non senso della società industriale. Visto oggi si comprende la validità dell'opera perchè, a distanza di trent'anni, risulta ancora attualissima. La prova del tempo, per un'opera, è sempre la più difficile. Luigi Comencini ci porta dentro un grande ingorgo nelle vicinanze di Roma che blocca centinaia di automobilisti nel loro continuo esodo. La situazione fa emergere mille storie, aspirazioni, frustrazioni, sogni, rancori e pensieri che si mescolano nella soffocante immobilità della strada bloccata. Un grandissimo cast di attori raffinati ed efficaci cerca di rappresentare gli egoismi di una società malata, nevrotica e incapace di soffermarsi a godere della lentezza e del silenzio, indaffarata ad andare in nessuna vera direzione ed eternamente incompiuta, insoddisfatta. Un cimitero di macchine sovrasta le vettu

Django

In un paesino dimenticato da Dio, sulla frontiera fra Stati Uniti e Messico, dove si fronteggiano da tempo due gruppi armati irregolari, la setta razzista di incappucciati rossi comandati dal maggiore Jackson e i messicani rivoluzionari comandati dal generale Rodriguez, arriva Django, un reduce di guerra in cerca di vendetta per l’assassinio della moglie avvenuto in sua assenza. Approfittando dell’effetto sorpresa costituito da un fucile mitragliatore che tiene nascosto in una bara che porta con sé, Django ha la meglio sugli uomini di Jackson, conquistandosi la fiducia dei rivoluzionari, con cui organizza un riuscito attacco ad un forte. Al momento della spartizione del bottino d’oro, Django non ottiene quello che vuole e decide di prendersi tutto. Il tentativo fallisce, l’oro va perso e Rodriguez, pur non uccidendolo, gli fa spappolare le mani. Pur con questa menomazione, Django decide di affrontare una volta per tutte Jackson, che nel frattempo ha tolto di mezzo i messicani

La notte che Evelyn uscì dalla tomba

Un aristocratico passa le notti a uccidere prostitute dai capelli rossi. Questo perché la sua mente è sconvolta dal rimorso della morte della moglie (con i capelli rossi) che lo ossessiona notte e giorno. Uno psichiatra suo amico cerca di aiutarlo, un suo cognato lo ricatta perché a conoscenza dei suoi delitti. Alla fine conosce per caso una biondina in una festa e se ne innamora sposandola. Ma c’è tutto un intrigo dietro di chi cercherà di farlo impazzire del tutto per prendere l’eredità della famiglia Cunningham. Le inquadrature spesso sono originali  Oggi si recensisce un film brutto. Voglio subito mettere le cose in chiaro. Le cose migliori della pellicola sono il titolo, l’atmosfera gotico – suspense che riesce a tenere abbastanza bene e alcune scene di violenza convincenti. Per il resto ci troviamo di fronte ad una delle sceneggiature più colabrodo della storia del cinema perché siamo nella completa illogicità in molti snodi narrativi. la psicologia dei personaggi è

Halloween di Rob Zombie

Vita morte e omicidi dell’efferato e crudele assassino Mike Myers.  Il capolavoro di Carpenter era già perfetto per questo ritengo un poco inutile cercare di rifarlo. Apprezzo lo stile di Zombie e tutta la vera passione che mette nei suoi film compreso questo, soprattutto questo. La parabola di Mike Myers è anche quella di un male che non ha spiegazione, che esiste e basta. Senza sempliciotte spiegazioni psicologiche e sociologiche. Il merito di Zombie sta, prima di tutto nell’essere stato capace di mantenere questa impostazione inquietante che aveva fatto la fortuna del suo capostipite. Il secondo merito è quello di aver fatto contemporaneamente un prequel abbastanza convincente sulla nascita della leggenda di Myers e un remake non disdicevole. La scelta di mostrare il volto dell’assassino almeno da bambino è sicuramente coraggiosa. Il piccolo demonio non ha nulla di apocalittico o mostruoso ma risulta assolutamente normale, anzi ben voluto da una madre che fino a

A prova di morte

Parte prima: gruppo di ragazzacce si diverte e si sbronza in un bar. Poi uno stuntman di professione Mike le disintegra. Parte seconda: gruppo di ragazzacce se ne va in giro a divertirsi. Poi uno stuntman di professione Mike cerca di farle fuori ma non ci riesce. Da predatore diventa preda e alla fine lo massacrano di botte. La trama è esigua ma non per questo meno divertente. Inoltre il film vuole essere proprio così. Un esercizio un pò folle con citazioni raffinate e meno che accompagni lo spettatore in un divertimento da pochi dollari. Attenzione però. Tarantino il cinema lo sa fare e ci sono almeno due momenti da antologia. La scena del primo incidente e quella finale con la scritta THE END che appare all’improvviso. Si esce dal cinema con la sensazione di aver visto non qualcosa di nuovo ma sicuramente di interessante. Tarantino ha fatto la sua fortuna soprattutto sulla capacità di presentare la narrazione sotto un’ottica diversa e di modificarla rispetto ai canoni l

Playtime

Playtime è un gioco costoso e sofisticato.  Tati  si muove su piani diversi. Dal non-sense all’umorismo di situazione, a delle gag più dirette e semplici da afferrare basate sulle mimica e i movimenti dei personaggi. Inserisce non di rado riflessioni profonde sull’uomo moderno e sul suo posto nel mondo. Anzi sarebbe meglio dire il suo non essere ed il suo non esserci nel mondo moderno. Si comincia con gli spazi di una Parigi ultra moderna dove vige l’ossessione dell’apparire e del farsi vedere a tutti i costi. Le case e gli uffici sono tutti enormi vetrate che danno sul mondo fuori e che pretendono di farsi vetrina per l’esterno. Un aeroporto non differisce per nulla da un ospedale e tutto lo sforzo per la creatività, per il "distinguersi" si riduce alla creazione di una serie di ambienti molto diversi fra di loro ma in definitiva tutti uguali. Il girovagare di Monsieur Hulot che si muove solo sulla scena come Charlot e che biascica a mala pena qualche parola è il pre