Raimi torna al suo primo amore ed al suo elemento naturale: il genere horror.
Lo fa con il suo solito stile e le sue armi. Una regia virtuosa, snella e narrativamente efficace.
Come tutti i i suoi film “Drag me to Hell” si beve tutto d’un fiato.
Riesce a miscelare intelligentemente humor nero, splatter e terrore garantendo un livello di sarcasmo e cinismo non superficiale.
Interessante l’analisi della protagonista che si discosta moltissimo dalla solita colomba bianca e immacolata ingiustamente perseguitata dal male. Anzi la sua figura serve a veicolare un messaggio sociale di Raimi abbastanza pungente per i suoi canoni.
Nessuno pare innocente, né i bambini, né le ragazze arrembanti che decidono di non concedere una dilazione della rata per arrivare alla promozione…
Christine è un’impiegata "rampante" all’ufficio prestiti di un grande istituto di credito che per ottenere una promozione a scapito di un collega vuole mostrare al suo capo quanto "dura" e inflessibile possa essere. Pertanto nega una terza proroga di rimborso prestito richiesta da un’anziana gitana che per vendetta getta su Christine una terribile maledizione.
Da quel giorno la vita di Christine diventa un inferno. Disperata chiede ad un veggente di aiutarla a liberarsi del demone, tale Lamia, che la sta perseguitando e il cui scopo è quello di volersi impadronire della sua anima per trascinarla all’inferno, ma ogni tentativo risulterà vano.
Infine Christine scopre che l’unico modo che ha per salvarsi è quello di trasferire la sua maledizione su di un’altra persona, ma l’impresa è tutt’altro che facile…
Il mondo appare fatto di scelte individuali e di persone che tendono a giustificarsi per mandare avanti un sistema ingiusto e disumano del quale ciascuno di noi è responsabile.
La violenza con la quale le vittime vengono trascinate nelle viscere dell’inferno con una classica iconografia cristiana (si apre la terra e mani fiammeggianti trascinano la vittima verso la dannazione)sembra suggerire una condanna del regista senza appello.
Gli effetti speciali trasmettono freschezza nell’uso dello splatter con un particolare divertimento di Raimi nel disgustare lo spettatore negli incontri di fluidi e secrezioni fra vittima e mostruoso carnefice.
Si ritaglia una fetta interessante la ricerca di innovazioni anche narrative con la chiusura alla compartecipazione dello spettatore verso i personaggi positivi e la sua aberrazione di quelli negativi. Sono tutti un poco a metà strada fra il bene ed il male e queste sfumature non fanno altro che confondere le idee non permettendo un sicuro approdo alla coscienza del pubblico che si trova letteralmente scaraventato nell’universo infernale di Christine, senza punti di riferimento.
Per divertirsi e passare un’oretta di salutari ed esorcizzanti spaventi.
Salvatore Floris
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