Passa ai contenuti principali

Fitzcarraldo


A Iquitos, Carlos Fitzgerald conosciuto come Fitzcarraldo, intraprende una leggendaria operazione per portare alla luce il suo più grande sogno. Portare l’ opera lirica nel cuore dell’ Amazzonia, costruendo un grande teatro che il mitico tenore italiano Enrico Caruso dovrà inaugurare. Per ottenere il denaro necessario a costruire il teatro si inserirà nel mercato del caucciù, comprerà terra nelle zone più mortifere dell’ Amazzonia, una barca per i commerci e sfiderà la natura. Abbandonato da tutto l’ equipaggio, terrorizzato dalla ferocia di Indios cannibali della zona, si troverà solo e disperato. Ma gli Indios lo scambieranno per un dio venuto a condurli con la sua grande nave bianca verso la terra promessa. Con essi riuscirà a far scavalcare una montagna alla sua nave.
Il suo sogno alla fine fallirà ma riuscirà comunque a portare per un giorno il suo sogno nella sua città natale.

Hezog si muove come al solito fra l’ accademico e la sregolatezza più genialoide, riuscendo a miscelare la sua vena visionaria con le necessità di una grande epopea pre-contemporanea. L’ aspetto antropologico è preponderante. Come in Aguirre furore di Dio, i sogni dell’ uomo sono l’ unico motore della vita e ad essa forniscono un senso. Ma mentre in Aguirre il sogno folle portava alla tragedia, qui sembra che il messaggio sia molto più ottimista e meno tormentato. Non importa se i sogni siano piccoli o grandi ma che ci siano. Altrimenti l’ uomo perde la sua essenza più profonda e la sua stessa ragion d’ essere.

Leggendarie le scene dove Fitz mette in funzione il suo grammofono sulla prua della nave per rispondere ai tamburi e ai canti di sfida degli Indios che provengono dalla giungla. Due culture si incontrano e si parlano con un linguaggio universale. E la scena della lenta salita della nave su per il crinale della montagna, splendida metafora della continua lotta dell’ uomo contro i suoi limiti.
Il film e la sua realizzazione sono inscindibili. Tre anni di riprese in condizioni spesso impossibili e pericolose. La forza della pellicola risiede proprio qui e trasuda dalla messa in opera del sogno “folle” di Herzog di portare a compimento la sua opera.

Salvatore Floris

SCHEDA:
FITZCARRALDO
Anno 1982
Durata 157
Genere AVVENTURA, DRAMMATICO

Regia
Werner Herzog
Attori
Klaus Kinski
Jose’ Lewgoy
Claudia Cardinale
Miguel Angel
Paul Hittscher

Commenti

Post popolari in questo blog

Detour

Al Roberts  è Un pianista mezzo fallito che suona in un locale per mantenersi a galla. Culla sogni di gloria ma oramai pare essere un disilluso inappagabile. Decide di andare a trovare la sua amata Susy a Hollywood, dove si è recata per cercare quella fortuna che a lui sembra ormai preclusa. Nel viaggio sarà travolto da avvenimenti surreali e si troverà imprigionato da un destino che ha scelto di condurlo in posti dove non voleva assolutamente andare. Ulmer  si muove su un canovaccio noir abbastanza consueto ma solo per rinnovarlo e capovolgerlo dall’interno. La riflessione che ne scaturisce è tutt’ altro che banale. E’ l’uomo a scegliere e determinare il destino con le proprie azioni o siamo in balia di forze estremamente più grandi di noi, contro le quali è inutile combattere? Si tratta sostanzialmente di un “on the road”, narrato dal punto di vista del protagonista che, con un lungo flashback, attende arrendevole la nuova mossa che il destino gli ha riserbato. Il...

L'ingorgo

Film molto amaro e cinico, capace di alzare il velo sulla natura peggiore del popolo italiano con una straordinaria metafora sul senso della vita e il non senso della società industriale. Visto oggi si comprende la validità dell'opera perchè, a distanza di trent'anni, risulta ancora attualissima. La prova del tempo, per un'opera, è sempre la più difficile. Luigi Comencini ci porta dentro un grande ingorgo nelle vicinanze di Roma che blocca centinaia di automobilisti nel loro continuo esodo. La situazione fa emergere mille storie, aspirazioni, frustrazioni, sogni, rancori e pensieri che si mescolano nella soffocante immobilità della strada bloccata. Un grandissimo cast di attori raffinati ed efficaci cerca di rappresentare gli egoismi di una società malata, nevrotica e incapace di soffermarsi a godere della lentezza e del silenzio, indaffarata ad andare in nessuna vera direzione ed eternamente incompiuta, insoddisfatta. Un cimitero di macchine sovrasta le vettu...

Playtime

Playtime è un gioco costoso e sofisticato.  Tati  si muove su piani diversi. Dal non-sense all’umorismo di situazione, a delle gag più dirette e semplici da afferrare basate sulle mimica e i movimenti dei personaggi. Inserisce non di rado riflessioni profonde sull’uomo moderno e sul suo posto nel mondo. Anzi sarebbe meglio dire il suo non essere ed il suo non esserci nel mondo moderno. Si comincia con gli spazi di una Parigi ultra moderna dove vige l’ossessione dell’apparire e del farsi vedere a tutti i costi. Le case e gli uffici sono tutti enormi vetrate che danno sul mondo fuori e che pretendono di farsi vetrina per l’esterno. Un aeroporto non differisce per nulla da un ospedale e tutto lo sforzo per la creatività, per il "distinguersi" si riduce alla creazione di una serie di ambienti molto diversi fra di loro ma in definitiva tutti uguali. Il girovagare di Monsieur Hulot che si muove solo sulla scena come Charlot e che biascica a mala pena qualche parola è il...