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The mist

Il regista Frank Darabont è un abile narratore ed ha un feeling particolare con le storie di Stephen King. Ha trasportato sullo schermo opere come "Il miglio verde" e soprattutto "Le ali della libertà". Con THE MIST si confronta col racconto contenuto nell’opera del maestro del brivido intitolata "Scheletri". L’idea è come sempre originale, parte da una tranquilla giornata di una qualsiasi provincia americana per farla piombare in un incubo agghiacciante. Ecco la trama in breve:
"Bridgton, cittadina del Maine, viene avvolta da una misteriosa nebbia in cui si aggirano misteriose e terrificanti creature che mietono vittime tra la popolazione. Un gruppo di persone rifugiate in un supermarket lotta per sopravvivere. Il film si apre con David che sta completando un dipinto di sua creazione. Poco dopo una tempesta elettrica proveniente dal lago porta lui e la sua famiglia a rifugiarsi in cantina. Il giorno seguente David, insieme al vicino Brent Norton e a suo figlio Billy si dirige al supermercato, ma una misteriosa nebbia inizia a inondare il paese, e rifugiatisi nel negozio capiranno che nella nebbia vi sono orrende creature che iniziano a uccidere le persone. Ben presto scopriranno che i pericoli non sono solo fuori, ma anche dentro il supermarket, mano a mano che la natura umana, portata all’estremo dalla paura e dalla convivenza forzata in un luogo angusto, devierà sempre più verso la follia. La causa di tutto questo sembra essere la vicina base militare presso la quale è in atto il progetto "Arrowhead", un tentativo di aprire portali attraverso altre dimensioni".[tratto da Wikipedia.it].

Il colpevole della disfatta non è ben chiaro anche se alla fine la pista militare si dimostra la più accreditata. Tuttavia il problema per i personaggi non è quello di scoprire il colpevole ma quello di levarsi da un casino veramente brutto.. I mostri sono convincenti fin dall’inizio, sia quelli giganteschi sia quelli piccoli. Una nota di merito la do ai ragni e alle loro armi che fanno accapponare la pelle durante i loro attacchi. La suggestione della nebbia rimane nei limiti di una paura sottile, fiabesca e fanciullesca. La tensione del film rimane sempre all’altezza delle aspettative e le apparizioni mostruose non deludono mai. Il terrore coinvolge lo spettatore doppiamente per la sua direzione duplice e contraria. La paura arriva dalle cose che sono fuori. Esseri feroci, dalle dimensioni bizzarre, terribili abitanti di un altro mondo. Attaccano e non graziano nessuno. Il regista dimostra di volersi scostare dal canone di risparmiare i personaggi innocenti e simpatici al pubblico per mettere in chiaro che l’incubo non fa sconti a nessuno e non fa distinzioni. Ma la paura ed il pericolo arrivano anche dall’interno del supermercato e sono gli esseri umani stessi che lentamente fanno emergere la loro follia, la loro parte animalesca che abbandona ogni segno e percorso civile per sopravvivere. Sopravvivere non nella collaborazione e nell’aiuto ma facendosi travolgere dalla paura, dal fanatismo e dal dominio sull’altro.

Insomma l’animale umano non sembra essere migliore delle creature esterne. La critica politico sociale di Darabont è molto chiara e analizza gli orrori che sono seguiti all’11 Settembre. Troppo pedagogici alcuni personaggi a dire il vero ed anche il modo nel quale l’idea del regista sulla realtà contemporanea viene spiegata condannandola. Una nota di merito per uno dei finali più tragici e cinici della storia cinematografica, ben racchiuso nell’urlo devastante del protagonista che echeggia in una valle fatta solo di morte e alberi bruciati.

Salvatore Floris

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