Sidney Schanberg, giornalista del "New York Times" viene mandato nel 1972 in Cambogia, per seguirvi la guerra tra i Kmer rossi ed il governo di Lan Nol e là si avvale del dott. Dith Pran. Una volta preso il potere da parte dei Kmer tutti gli stranieri vengono fatti partire mentre per Pran comincia una lunga odissea dell’orrore nel nuovo regime comunista.
Un film dal taglio documentaristico che commistiona vari generi come la denuncia politica e il grande ritratto storico. La fotografia è bellissima, capace di incorniciare paesaggi meravigliosi, che risultano alieni agli sconfinati ossari delle vittime del regime. Due milioni di morti che fino a poco tempo fa il mondo ha ignorato come se non fossimo davanti ad uno dei più grandi genocidi della storia dell’uomo.
Il film riesce con poche parole ed immagini commoventi a farci rivivere la follia di quegli anni e parallelamente alza alto l’urlo della rabbia per la complicità del mondo occidentale su questa tragedia.
Eppure evoca una grande tragedia moderna partendo dal basso. Attraverso la pura storia di un’amicizia vera e più forte di tutto che diventa una metafora garbata e penetrante di quella che è l’unica strada giusta per l’umanità. Le urla del silenzio sono quelle di tutte le vittime soffocate dai sacchetti di plastica per risparmiare i proiettili. Vittime soffocate perchè conoscevano una lingua estera, o perchè portavano gli occhiali, o ancora perchè le loro mani non erano consumate dal lavoro. L’anno 0 di Pol Pot è stato anche questo e tutti i bambini che in quegli anni avevano il compito di massacrare i nemici del partito sono ancora oggi dentro quell’inferno. I bambini che erano adorati, perchè non ancora contaminati dal passato e dai ricordi. La loro purezza è però ribaltata in una figura orrenda e omicida. Poche parole e molti sguardi in primi piani che narrano da soli storie e pensieri. Un film asciutto e chiaro, ma allo stesso tempo poetico e raffinato. Una regia perfetta di Joffè. Quattro premi oscar fra cui quello per il miglior attore non protagonista allo straordinario Haing S. Ngor primo attore non protagonista a ritirare la statuetta e in gioventù veramente imprigionato in un campo di lavoro dei Kmer rossi.
Indimenticabile la scena finale sulle note di Imagine di John Lennon.
Grazie per avermi fatto ricordare di questo film, passato ai miei occhi con molta distrazione. Me lo devo registrare.
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