Un noir metropolitano per metà, con uno sfondo poliziesco per l’altra. Penn mischia magistralmente le vicende investigative e personali del protagonista il detective privato Harry Moseby, interpretato da uno straordinario Gene Hackman. Il suo compito è quello di indagare sulla scomparsa di una ragazza ricca e di riportarla a casa. Il suo compito non sembra presentare molte difficoltà ma la realtà è molto diversa da quella che appare e Moseby si troverà invischiato in un gioco pericoloso fatto di contrabbando e criminali senza scrupoli. A questo si affianca parallelamente il naufragio del suo matrimonio che sembra non poter reggere il peso della sua attività e delle sue nottate fuori di casa. Penn fa di un film dalla trama sufficiente e dalle potenzialità non elevate un vero capolavoro del genere. Ci riesce mantenendo una regia sobria capace di elevarsi in momenti da antologia nei momenti decisivi. Una prova su tutte è data dalla sequenza finale girata superbamente e con virtuosismi alla Hitchcock lasciando ad un’agghiacciante morte finale il compito di svelare il traditore.
Penn infonde al film una vena noir d’accompagnamento, complice anche un’azzeccata colonna sonora, che riesce a riflettere in maniera intelligente e non pedagogica sul mondo ed il suo caos. Moseby tenta di mettere ordine in un universo che non ne ha, mantiene in piedi e cerca di risolvere situazioni che forse non hanno nessuna soluzione e basta. Il disordine della sua vita privata è anche quello delle situazioni nelle quali è impegnato ad indagare. Il cinismo essenziale della specie umana non sembra lasciare spazi per la speranza o la redenzione. Moseby incarna un moderno antieroe senza humour e senza troppo appeal, un uomo medio che diventa metafora della tremenda difficoltà dell’uomo di convivere con se stesso.
Salvatore Floris
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