All’interno dell’Università di Perugia si aggira un serial killer spietato che uccide ragazze infierendo sui loro corpi. Un gruppo di amiche decide di allontanarsi dalla città per distrarsi un po’ in una gita in una villa arroccata sopra un paesino. Ma l’assassino le segue perché una delle giovani sa troppo di lui e si ricorda di aver visto il suo foulard rosso e nero.Una trama che non promette nulla di nuovo e di buono per questo thriller tutto all’italiana. Eppure alla fine della visione non si pensa certo di aver perso tempo. Merito soprattutto della seconda parte della pellicola. Se nella prima ora ci troviamo davanti a molti degli stilemi del genere ed assistiamo ai difetti di sceneggiatura ricorrenti in questo tipo di film, nella seconda facciamo un grande passo in avanti e assistiamo ad una lezione di creazione della suspense per immagini. La presentazione dei personaggi e il loro spessore psicologico sono del tutto standardizzati e abbastanza banali così come la recitazione che li incarna. Si comprende subito però di trovarsi davanti ad un regista che sa il fatto suo ed è anche abbastanza in forma. Prova ne sono le scene degli omicidi che si collocano tutte sopra la media. Se la prima appare abbastanza scontata con la ragazza che viene invitata al gioco del gatto col topo tramite i fari di una macchina, la seconda si distingue per un uso del grandangolo molto efficace e l’ambientazione della scena, un bosco nebbioso, aumenta la tensione dello spettatore. Sublime poi l’omicidio del venditore ambulante che strizza l’occhio al gore di Fulci con un assassinio commesso usando una macchina come se fosse un bastone. L’accentuazione dello splatter non ha carattere buffonesco ma anzi rende l’idea della violenza del killer.
Il film dopo quest’ora si presenta per quello che è, un’opera distinta da due parti ben delineate. Dopo una breve introduzione nell’ambientazione della villa assistiamo ad un feroce massacro di tutte le abitanti, tranne una della cui presenza anche l’assassino è ignaro. Questo porta ad una tesa lotta silenziosa fra la vittima che si nasconde mentre il killer fa a pezzi i corpi delle sue vittime. Un uso sapiente delle musiche, degli spazi e degli sguardi porta a sentirsi dentro la casa minacciati e silenziosi come la protagonista. La grande lezione di Hitchcock sullo spettatore onnisciente e il gioco della suspense che ne deriva sono mescolati molto bene. Non si svela il finale di un film ma certamente questa parte che porta verso la conclusione salva anche il solito e banale riconoscimento dell’assassino e delle cause che guidano le sue azioni.
Salvatore Floris
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