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Aguirre furore di Dio



Il primo sodalizio Herzog-Kinski produce un risultato affascinante e visionario. La potenza metaforica delle immagini del regista tedesco trovano nell’ allucinata maschera di Kinski il loro strumento ideale per evocare una parabola malsana e universale. La spedizione di un gruppo di Conquistadores spagnoli alla ricerca della leggendaria terra di El Dorado, diventa il pretesto per parlare della follia dell'umana specie, della sua stupidità e della sua potenza solo transitoria e illusoria. Il luogotenente Aguirre, è il grande traditore, della sua patria e dei suoi uomini, e soprattutto di se stesso. Si rifiuta di piegare la sua volontà ad una natura selvaggia e mortifera, ai limiti di resistenza dell’ uomo e al buonsenso.



Si lancia in un’ impresa che di leggendario ha solo il proprio fallimento. Herzog non ci dice se alla fine riuscirà nella sua missione, resa ancora più grande dalla consapevolezza che non avrà nessun eco storico. Lascia il protagonista alla deriva del fiume che ancora una volta è la grande metafora di un viaggio spirituale e simbolico nell’ animo umano. “Solo il potere mi interessa – dirà il protagonista in prossimità della disfatta – l’ oro lo lascio agli schiavi”. E forse in fondo la sua vittoria la ottiene, devastando ed eliminando tutti i suoi compagni per la sua volontà di non arrendersi. Alla fine non gli resterà che parlare dei suoi progetti e sogni ad una scimmia, l’ unico suddito rimastogli. Anti narrativo e anti accademico, il film si inserisce perfettamente in quel filone herzogiano che cerca anzitutto nella forza delle immagini e delle metafore la sua visione del mondo cinica, pessimista e senza speranza. La religione è una forza distruttiva, la mentalità dei conquistadores dimostra tutta la propria ottusità. Usano uno schiavo negro per spaventare le orde di indios che infestano la foresta. 




“Se un solo cavallo è capace di gettare lo scompiglio in un esercito di indios, non vedo perchè anche uno schiavo negro non possa fare altrettanto!” dice un personaggio.
Sorprende la tenacia di Herzog capace di girare in ambienti impossibili, tanto impossibili da costringerlo a minacciare con un fucile Kinski che non ce la faceva più e voleva abbandonare il set.
Salvatore Floris

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