Siamo alla fine dell”800, il professor Emanuel Hildern torna a Londra dalla Nuova Guinea con lo scheletro di un umanoide di dimensioni gigantesche e apparentemente dall’alto grado di evoluzione. Lo scheletro è stato portato in superficie da uno strato del sottosuolo talmente profondo e quindi antico, da suggerire che lo scheletro appartenga ai nostri antenati più primitivi, dai quali si è poi evoluta la specie umana o contro i quali è stata combattuita una battaglia che ha visto prevalere la parte "migliore" della specie umana.. Questa teoria si ricollega a molte leggende delle popolazioni indigene che parlano di esseri mostruosi, incarnazione del male con la quale gli uomini hanno combattuto una battaglia epocale sviluppandosi fino alla forma odierna. Ben presto il professore si accorge che il contatto con l’acqua è in grado di rigenerare i tessuti e la vita dello scheletro. Analizzando questi tessuti si rende conto che nel sangue dell’essere si nasconde l’essenza stessa del male, un male biologico che contrasta per sua natura il bene. Ma l’ambizione del fratellastro che dirige un istituto di sanità mentale porterà alla catastrofe e rinchiuderà nella pazzia il geniale scienziato.
Il merito di Freddie Francis è quello di mettere in piedi una regia cristallina ed efficace che ricorda in molti passaggi le opere gotiche di Corman o Bava. Imbastisce un’opera elegante dove vecchie star sul viale del tramonto dimostrano ancora la loro bravura e il loro talento. Il tema del male quasi metafisico e antropologico che viene trattato, nelle mani sbagliate, si sarebbe presto tramutato in qualcosa di ridicolo e involontariamente comico. Francis riesce invece ad andare nel fondo di questa analisi senza voler dare risponde definitive ma neppure fermandosi da una parodia del tema. Il vagabondare della figlia infettata dal sangue dell’ antenato per una Londra lurida e corrotta è assai intenso. La critica sociale sull’ambizione, la crudeltà di una scienza tronfia e inumana, l’ambizione cieca dell’uomo verso quello che non si dovrebbe conoscere e il non rendersi conto dei suoi limiti. Questi sono tutti temi che scorrono sotto una storia da brivido nel vero senso del termine, dove l’orrore è suggerito e messo in scena come i romanzi popolari di una volta. Il suo stile è elegante e fa rimpiangere il bisogno dello splatter inutile in certi titoli odierni.
Salvatore Floris
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