Passa ai contenuti principali

2022 I sopravvissuti


Fleischer ha uno speciale talento nel mettere in scena paesaggi desolati e apocalittici, filmando storie che vogliono essere una grande metafora sulla stupidità e follia umana, ma anche un avvertimento deciso a cambiare direzione per salvare la nostra civiltà. Ne "Il pianeta delle scimmie", lo aveva fatto con la fantascienza pura condensando il significato della sua opera in un’immagine leggendaria e geniale: la statua della libertà miseramente arenata sulla rive del mare. In questo film mischia il genere fantascientifico a quello catastrofico e poliziesco riuscendo a mantenere un equilibrio difficile e affascinante. L’agente Thorn della polizia di New York indaga sulla morte di un importante uomo d’affari, un dirigente della potentissima multinazionale Soylent che produce l’unico cibo a disposizione per i milioni di cittadini della Grande Mela. La Soylent Verde, una barretta alimentare ed energetica ottenuta dalla soia. Ma le indagini di Thorn (un incisivo e convincente Heston) porteranno ad una scoperta allucinante dove solo la follia o la morte possono dare una soluzione.


Lo scenario di questo film è risultato essere alquanto profetico. Una New York devastata dalle carenze energetiche ed alimentari, schiacciata dal peso di 30 milioni di abitanti lascia solo immaginare in quali condizioni versino altre zone del pianeta. Un mondo allucinante dove il contatto con la natura e la sua ricchezza è stato perduto inesorabilmente. Pochi privilegiati che hanno mantenuto una qualità della vita elevata si distinguono dalla popolazione affamata e ridotta ad una dolce schiavitù. In questo mondo devastato dall’uomo e ad immagine dell’uomo un negozio di frutta e verdura assomiglia ad una banca. L’articolo più appetito sono due fettine di manzo che rappresentano quello che potrebbe essere un diamante in una gioielleria. L’acqua corrente è u miraggio, avere del sapone per lavarsi le mani è un lusso per pochi, poter fare una doccia calda è quasi riservato ai piani alti della società. Le belle ragazze vivono "in dotazione" presso proprio padroni che le usano come meglio credono. Le sommosse sono sedate tramite l’uso di escavatrici, avere un alloggio da chiamare casa spetta a chi ha abbastanza soldi per poterselo permettere: cioè a pochissimi. Vecchi donne e bambini giacciono sulle scale, sui corridoi, sugli anditi e per strada. La morte è incoraggiata con il suo "gettone" che parenti ed amici vanno a riscuotere avidamente alla scomparsa dei loro congiunti. E si potrebbe continuare molto a lungo in questa sequela di mostruosità del futuro, mutazioni allucinanti del mondo che ci aspetta nel futuro. Eppure a vederlo bene questo film ci si trova quasi automaticamente a guardarsi intorno e ad accorgersi che la direzione presa dalla specie umana è proprio quella e che addirittura alcune invenzioni dello sceneggiatore sono già una realtà.


Fleicher riesce a raggiungere un livello poetico non da poco quando usa il nostro agire quotidiano per sottolineare come in quel futuro ciò sia una cosa quasi inimmaginabile. E questo concetto è incarnato dal vecchio socio del protagonista:Roth. Il vecchio che ha conosciuto la terra come era una volta e che ha i ricordi della bellezza del passato.
E sembra sarcasmo quello dei protagonisti che, davanti alla realtà nella quale vivono, si domandano: "Come è potuto accadere?" "Chi ha permesso tutto questo?". E la risposta è una sola: Noi!
Il finale risulta aperto perché non c’è una risposta chiara, pessimista od ottimistica dell’autore. Ma la mano insanguinata di Thorn che rimane alzata piena di sangue nel finale, assomiglia troppo a quella di una gallina per non sembrare sarcasmo l’ultima inquadratura del film. Come nel film sul pianeta delle scimmie anche qui Fleicher sembra mettere lo spettatore davanti al fatto compiuto, davanti alla catastrofe irreparabile. Il suo metodo di veicolare un messaggio per migliorare il mondo non è molto utilizzato oggi, in vena come siamo di melodrammi e buonismi, ma alla prova del tempo le sue opere appaiono assai più incisive, coraggiose e valide della maggior parte ei film di questo genere.

Salvatore Floris

Commenti

Post popolari in questo blog

Detour

Al Roberts  è Un pianista mezzo fallito che suona in un locale per mantenersi a galla. Culla sogni di gloria ma oramai pare essere un disilluso inappagabile. Decide di andare a trovare la sua amata Susy a Hollywood, dove si è recata per cercare quella fortuna che a lui sembra ormai preclusa. Nel viaggio sarà travolto da avvenimenti surreali e si troverà imprigionato da un destino che ha scelto di condurlo in posti dove non voleva assolutamente andare. Ulmer  si muove su un canovaccio noir abbastanza consueto ma solo per rinnovarlo e capovolgerlo dall’interno. La riflessione che ne scaturisce è tutt’ altro che banale. E’ l’uomo a scegliere e determinare il destino con le proprie azioni o siamo in balia di forze estremamente più grandi di noi, contro le quali è inutile combattere? Si tratta sostanzialmente di un “on the road”, narrato dal punto di vista del protagonista che, con un lungo flashback, attende arrendevole la nuova mossa che il destino gli ha riserbato. Il...

Viale del tramonto

Alcuni pensano che la grande rivoluzione del cinema sia stata l’ introduzione del colore. Non è affatto vero, la vera rivoluzione è stata quella di introdurre il sonoro nel cinema. I film muti non erano mai veramente tali. Avevano un accompagnamento musicale, avevano dei professionisti che facevano i rumori, come campanelli o clacson. Ma i dialoghi, le voci e i suoni dell’ ambiente non erano presenti. Con il sonoro molti attori finirono in soffitta. Alcuni avevano una voce orribile, altri non si riuscirono semplicemente ad adattare al nuovo linguaggio del cinema e alle nuove tecniche che richiedevano anche la voce. Questo vale anche per i registi. Non si tratta di un problema di apprendimento della tecnica, ma proprio di apprendere un nuovo linguaggio per esprimersi. Se il colore immette nuove forme e pochi contenuti nel cinema (ad esempio col suo uso simbolico) il suono immette un contenuto nuovo. Il cinema diventa quasi un’ altra arte. Mutano la recitazione, il montaggio, l’ in...

A prova di morte

Parte prima: gruppo di ragazzacce si diverte e si sbronza in un bar. Poi uno stuntman di professione Mike le disintegra. Parte seconda: gruppo di ragazzacce se ne va in giro a divertirsi. Poi uno stuntman di professione Mike cerca di farle fuori ma non ci riesce. Da predatore diventa preda e alla fine lo massacrano di botte. La trama è esigua ma non per questo meno divertente. Inoltre il film vuole essere proprio così. Un esercizio un pò folle con citazioni raffinate e meno che accompagni lo spettatore in un divertimento da pochi dollari. Attenzione però. Tarantino il cinema lo sa fare e ci sono almeno due momenti da antologia. La scena del primo incidente e quella finale con la scritta THE END che appare all’improvviso. Si esce dal cinema con la sensazione di aver visto non qualcosa di nuovo ma sicuramente di interessante. Tarantino ha fatto la sua fortuna soprattutto sulla capacità di presentare la narrazione sotto un’ottica diversa e di modificarla rispetto ai canoni l...