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Il terzo uomo



In una Vienna devastata dalla guerra la moda è quella del contrabbando. Tutti si arrangiano per tirare avanti, per proseguire, lasciarsi alle spalle l’inferno e ricostruire una civiltà distrutta dalle orde guerreggianti. In questo ambiente arriva il giovane scrittore Holly Martins che deve incontrare il suo amico Harry Lime. Ma, una volta raggiunta la soglia del suo appartamento, scopre che è morto in un tragico incidente.

La versione dei fatti che apprende non lo convince e comincia ad indagare per conto suo fino a scoprire la tragica verità dell’amico e sulla realtà che lo circonda.

Chi era il terzo uomo che il portiere del palazzo in cui abitava Harry ha visto sulla scena della tragedia?Un eccezionale cast, Joseph Cotten, Alida Valli, Orson Welles. Un regista in stato di grazia, Carol Reed. Una straordianria sceneggiatura scritta dal grande scrittore Graham Greene. Una fotografia magistrale, dal taglio espressionista di Robert Krasker che vinse meritatamente l’oscar. Tutti questi elementi giustificano la fama del film, il suo essere diventato una leggenda cinema di spionaggio e non solo, il suo essere uno dei film più amati di sempre dal pubblico inglese. Effettivamente l’opera è una spanna sopra tutti i lavori che le assomigliano o vorrebbero farlo.

A questo contribuisce il ruolo di Welles che crea una figura di cattivo innovativa, moderna, tremendamente profetica. Appare dopo tre quarti dell’opera ma vale la pena di aspettare visti i risultati. Anche dal punto di vista narrativo questa è una novità che farà scuola. Reed deforma la realtà con lenti grandangolari e cineprese poste obliquamente rispetto all’asse. Incide la realtà del dopoguerra in modo chirurgico riuscendo a restituire l’immagine di una città divisa in quattro settori, fra Alleati che tali non sono, dominata e ossessionata dai nemici, dalla paura e dal sospetto. Incredibile a questo proposito la scena del bambino che accusa di assassinio Holly o i dialoghi pieni di allusioni dei personaggi che sembrano tutti nascondere piani di complotto più grandi di loro. La mentalità imposta dal nazismo, un passato troppo recente per essersi ancora dileguato opprimono come una cappa la città di Vienna. Vienna. Grande protagonista silenziosa dell’opera con le sue strade, i suoi locali, i suoi palazzi magnifici accanto a cumuli di macerie. Lime è una figura che non può lasciare indifferenti. Il modo in cui appare in scena, col suo sorriso abbozzato sintetizza quello che è. Un maledetto e affascinante figlio di puttana. Il suo discorso sulla ruota panoramica del Prater è un’agghiacciante presa di coscienza della nuova criminalità che il mondo si troverà ad affrontare. Cinica, fredda, impassibile, incapace di fermarsi, impossibile da fermare, nascostra sotto aspetti decorosi e imvisibili. Il suo monologo sui Borgia e la Svizzera è impeccabile nell’inquadrare il personaggio. Superbamente girato e capace di dettare molti punti fermi della suspence del cinema. Come l’arrivo di Lime all’incontro con Holly. Come il suo apparire dal nulla sotto un portone buio. Profondissime le psicologie dei personaggi e la riflessione su temi come l’amicizia, la giustizia, l’amore e la morale.

Capolavoro.

Salvatore Floris

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