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M. il mostro di Dusseldorf è il primo film sonoro di Fritz Lang. E’ un film del 1931 ma mantine, ancora oggi, un invidiabile livello di suspence e un ritmo capace di tenere testa ai migliori thriller odierni. L’aspetto più interessante sta nell’uso, geniale e sorprendentemente maturo che Lang riesce a fare del sonoro. La scena della madre che attende invano il ritorno della piccola Elsa dalla scuola, la sua voce che si perde nel vano delle scale vuote rimane nella memoria. E che dire dell’inquietante e ossessivo ripetersi del fischio ( che zufolava lo stesso Lang, voisto che il protagonosta non ne era capace) indizio, per i personaggi e gli spettatori, della presenza del mostro nei paraggi?.

Una volta che conosciamo il volto di questo mostro rimaniamo spiazzati. Non ha nulla di malvagio o di diabolico. La figura e la voce petulante di Peter Lorre (un ruolo che lo farà entrare fra i maggiori interpreti del noir di sempre), risulta sconcertante. Il tribunale dei fuorilegge, deciso a sbarazzarsi di questa “feccia”, incarna i temi prediletti e ricorrenti in Lang.
La convinzione che il male si prenda gioco di noi camuffandosi in Legge ed Etica, sottolineando la sua convenzionalità nel tempo e nello spazio. Risiedendo dentro ogni essere umano la sua natura risulta sfuggente, amorfa. E la pretesa di giudicare un altro uomo appare in tutta la sua impossibilità.

“Quando cammino per la strada sento continuamente dei passi che mi seguono. Mi volto e mi accorgo che sono i miei!” urla Lorre davanti al tribunale improvvisato che lo ha condannato a morte. L’innovatività e la complessità del cinema di Fritz Lang è racchiusa perfettamente nell’inquadratura del mostro anonimo che comprendere di essere stato marchiato. Carnefice e vittima si confondono lasciandoci la sensazione che l’uomo sia un oceano inesplorato e insondabile.

Salvatore Floris

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