Un trovatello che non ha mai avuto rapporti con il mondo esterno viene abbandonato in mezzo alla piazza di Norimberga con una lettera in mano nella quale chiede di diventare un cavaliere. La gente del posto è prima incuriosita dallo strano personaggio ma poi lo richiude in una cella non sapendo che farsene. L’unica notizia che si ha è quella del nome che il selvaggio scarabocchia su un foglio:Kaspar Hauser. Viene impiegato come fenomeno da baraccone ed educato da alcuni abitanti del luogo nelle elementari norme di convivenza quali: stare seduto a tavola, mangiare con le posate, leggere e scrivere, esercitare la memoria e conversare. Infine un ricco possidente della zona lo prende sotto le sue cure e lo farà diventare lentamente un essere sociale. Ma qualcuno, forse il “padre” che lo aveva abbandonato all’inizio del film, prima lo aggredisce e poi lo uccide.
Bellissimo, teso, trattenuto e commosso con una riproduzione storica dettagliata e pignola. Molte scene sono il limite che si possa raggiungere con le immagini e con il dialogo al cinema nel comunicare un significato. Ad esempio il dialogo con lo psicologo che non riesce a comprendere ma solo a concludere i problemi, o le parole di Kaspar sulle mele che non sono inanimate ma “furbe”, il ragionamento sulla grandezza della sua prigione nella torre, il tentativo di spiegare i dogmi da parte dei preti. Ma su tutte le parole che dice al suo padre adottivo:” Non penso che sapere più parole mi aiuti a sapere più cose”.In un finale impietoso Herzog fa vedere il suo corpo ed il suo cervello che vengono sezionati. Un’ anomalia del cervelletto pare dare alla scienza materialistica moderna una spiegazione finalmente logica dell’ENIGMA di Hauser. Ma questo enigma non ha soluzione. Non avrà mai una soluzione descrivibile. Il grande enigma dell’uomo. Ci sono cose che esistono e non si possono comprendere ma solo vivere.Un capolavoro. Da rivedere più di una volta. A prima vista lascia incuriositi, ma è impossibile non ripensarci e si comprende piano piano che si tratta di un’opera geniale e di infinita riflessione sull’uomo.
Salvatore Floris
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